E’ uscita in questi giorni una circolare del ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della salute che approfondisce l’allegato V della legge 1169/2011.
Tale circolare approfondisce e definisce che tipo di attività potrà far a meno, fino a nuova comunicazione, l’applicazione della dichiarazione nutrizionale in etichetta.
Cosa dice l’allegato V?
L’allegato V definisce gli alimenti ai quali NON si applica l’obbligo della dichiarazione nutrizionale.
Cosa dice la circolare :
La disposizione del punto 19 dell’allegato V del regolamento (UE) n. 1169/2011 si ritiene debba applicarsi pertanto a:
– Alimenti artigianali. La deroga del punto 19 dell’allegato V include negli alimenti preimballati anche gli alimenti artigianali. Il riferimento agli alimenti artigianali emerge chiaramente nella versione originaria del regolamento che dispone “Food, including handcrafted food, laddove la traduzione italiana, pur essendo stata resa con riferimento al solo confezionamento di natura artigianale (anche confezionati in maniera artigianale) non cambia la sostanza.
- – Fornitura diretta. La cessione degli alimenti, senza l’intervento di intermediari, da parte del “fabbricante di piccole quantità di prodotti”, direttamente al consumatore o alle “strutture locali di vendita al dettaglio che forniscono direttamente al consumatore finale.” che ricomprendono, come chiarito nelle Linee guida al regolamento 853/2004/CE, tutte le forme di somministrazione di alimenti. Restano esclusi dalla deroga, pertanto, i prodotti preimballati venduti ad imprese che esercitano vendita all’ingrosso o che svolgono attività di intermediazione commerciale, quali ad esempio le centrali di acquisto.
- – Fabbricante di piccole quantità di prodotti. Rientrano in tale definizione i produttori ed i fornitori, comprese le imprese artigiane ed agricole, che rispettino i requisiti delle microimprese così come definite all’articolo 2 della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione. La deroga del punto 19 dell’allegato V si applica, inoltre, agli alimenti oggetto di vendita diretta ai consumatori a “livello locale” da parte degli spacci aziendali.
- – Livello locale delle strutture di vendita. Analogamente a quanto chiarito nelle Linee guida al regolamento 853/2004/CE, il concetto di “livello locale”, come previsto dal considerando 11 del medesimo regolamento, deve essere definito in modo tale da garantire la presenza di un legame diretto tra l’Azienda di origine e il consumatore.E’ pertanto esclusa una fornitura che preveda il trasporto sulle lunghe distanze e quindi in “ambito nazionale”.Il “livello locale” può essere identificato, in analogia alle predette Linee guida, “nel territorio della Provincia in cui insiste l’azienda e nel territorio delle Province contermini, ciò al fine di non penalizzare le aziende che si dovessero trovare al confine di una unità territoriale e che sarebbero quindi naturalmente portate a vendere i propri prodotti anche nel territorio amministrativo confinante”.
– Vendita al dettaglio. La definizione di “vendita al dettaglio” può essere rinviata a quella contenuta all’art. 4 del Decreto legislativo n. 114/1998: “per commercio al dettaglio, l’attività svolta da chiunque professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di distribuzione, direttamente al consumatore finale”. Tale definizione va integrata con la definizione di “collettività” di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d) del regolamento (UE) n. 1169/2011.
Qui trovate l’allegato completo
Circolare-deroga-allegato-V-punto-19-16-11-2016